6 ott 2014

Il dito medio di Galileo

“Il dito di Galileo assalito nel corteo
diventato mito per alcuni come Clooney George”
— Caparezza



1 mag 2014

Perché c'è bisogno di più Software Engineer

Ci sono molte persone, in Italia e all'estero, che studiano Informatica (in inglese, Computer Science) a livello universitario. Ci sono poche persone, però, che grazie a questi studi diventano bravi programmatori (in inglese, Software Engineer).
Tra la teoria e la pratica, ci può essere di mezzo il mare.
Il problema è che, nel sistema attuale, non è possibile apprendere direttamente i principi della programmazione: ciò che si può fare è ottenere una laurea in Informatica.

Fonte: techwench.com

Niente di male. Tuttavia, è chiaro che l'obiettivo di un titolo del genere non è avere un lavoro in ambito tecnologico, e in un momento in cui questo settore è affamato di talenti si tratta di un problema. Un grosso problema.
Passare da una laurea in Informatica a un lavoro come Software Engineer richiede un impegno da autodidatti e lavoratori autonomi. E non è giusto.

27 apr 2014

Si scrive fascista, si Legge 40

Per oltre cinquant'anni giornalisti, politici, responsabili di musei e altre figure professionali hanno cercato di lavorare sul rapporto tra la ricerca scientifica e la sua audience, cercando di migliorare la “comprensione pubblica della scienza”. Una locuzione quanto mai inafferrabile: non c'è infatti un consenso diffuso né sugli obiettivi della comunicazione scientifica, né sulle caratteristiche di questa famigerata comprensione. Per tal motivo, molti esperti hanno indagato i diversi aspetti del tema, andando in cerca di una definizione utile anche dal punto di vista operativo.

Un primo paradigma di divulgazione scientifica, storicamente parlando, è quello sviluppatosi con il nome di «deficit model»: espressione che mette in evidenza come il pubblico venga considerato culturalmente inferiore all'élite degli addetti al settore, che si deve pertanto assumere il compito di riempire il vuoto lasciato dall'apprendimento tradizionale.

Si è quindi passati a schemi più complessi, che tenessero in considerazione sia il contesto in cui la comunicazione avviene, sia il patrimonio di conoscenze in possesso delle popolazioni locali oggetto (si badi – non semplici destinatarie) del processo.

Ma come si traduce, nel nostro Paese, questo coinvolgimento diretto del grande pubblico? Gli ultimi casi italiani non depongono bene: quello della fecondazione eterologa è, nella sua attualità, paradigmatico. La famigerata legge 40 ("Norme in materia di procreazione medicalmente assistita"), approvata il 19 febbraio 2004 da un Parlamento a maggioranza conservatrice, è stata praticamente smantellata, punto per punto, dalle sentenze della Corte Costituzionale, un organismo che non rispecchia la volontà popolare.

13 apr 2014

Scienza, tecnologia e Università: come misurare il declino?

Definire e, soprattutto, misurare la cultura scientifica e tecnologica di un Paese è un’impresa ardua. Sia per la diversa interpretazione che di essa hanno i numerosi attori sociali che ne sono coinvolti, sia per le molteplici e spesso imprevedibili ricadute che scienza e tecnologia hanno nelle società contemporanee.

Esistono tuttavia dei paradigmi che hanno provato a esemplificare i flussi e gli indicatori che caratterizzano l’appropriazione, da parte di individui e gruppi, della cultura scientifica e tecnologica. Benché di non immediata comprensione, è proprio questo - “appropriazione” - il termine chiave dell’intera questione: solo se metabolizzato in modo chiaro e onesto da tutti i protagonisti della realtà nazionale e internazionale, è possibile fornire uno schema di interpretazione teorico e pratico del rapporto tra cultura, ricerca e società.

A questo scopo, occorre superare a livello metodologico la scissione tra dimensione individuale e dimensione sociale: cosa sono, i cittadini, se non entità sociali, nate e cresciute in un contesto sociale che li forma in tutti gli ambiti della loro esistenza? Le modalità con cui i singoli si appropriano della cultura scientifica e tecnologica sono dunque fortemente influenzate da quelle della società nel suo complesso, in particolare per mezzo delle sue istituzioni.


9 apr 2014

Live fast, die old

La nomina del premier più giovane della storia della Repubblica italiana ha riacceso, recentemente, l'eterno confronto tra generazioni che - soprattutto da quando la crisi finanziaria si fa sentire più pesantemente - ha un significato non soltanto culturale, ma anche economico.

Tuttavia, il dibattito spesso non va oltre la superficie, limitandosi a banali considerazioni sul livello di tutela garantito dai sindacati agli anziani, naturalmente a spese dei giovani. Come se per garantire più diritti agli uni fosse necessario sottrarne agli altri.


Il rischio peggiore di questo modo di ragionare non è tanto politico - chi governa ha spesso l'interesse a creare contrapposizioni, come recita l'antico adagio del terzo che gode - quanto soprattutto sociale: mettere nipoti contro nonni è una mossa pericolosissima, poiché rischia di erodere quella poca coesione che è rimasta nella società post-post-moderna (cronologicamente parlando).

3 apr 2014

DARPA scommette sulle bio-tecnologie

DARPA, il Dipartimento della difesa statunitense specializzato nella ricerca e nello sviluppo in ambito militare, ha annunciato il lancio di un progetto relativo alle biotecnologie. Tutti i lavori attualmente in corso verranno infatti unificati sotto un unico slogan:"Biological Technologies Office".

Si tratterà dell'hub che concentrerà tutta la ricerca in ambito biotech - dalla teoria sulla diffusione delle epidemie alla pratica delle protesi avanzate. Prima della nascita del BTO, DARPA collaborava con una serie di biologi, ingegneri, neuroscienziati, tutti interessati a condividere conoscenze ed esperienze ma disseminati in numerosi uffici separati. D'ora in poi, invece, la concentrazione di queste figure permetterà non solo la realizzazione di iniziative in cooperazione, ma anche l'attrazione di nuovi esperti. 

1 apr 2014

Milano: #mmguru & la smart city

Se non fosse per selfie, la parola del momento sarebbe sicuramente smart.
Un aggettivo all’apparenza semplice che ha acquisito, negli ultimi anni, una varietà di connotazioni che nemmeno il linguista più innovatore avrebbe potuto immaginare. La tecnologia è la prima ad essere smart, con una gamma di applicazioni che abbraccia automobili, case ed elettrodomestici. Con l’avvento dei wearables poi, oltre ai cellulari sono smart anche braccialetti, cuffie, occhiali, orologi, scarpe.

Ma cosa significa, oggi, essere smart, o meglio vivere smart?
Intelligenti dovrebbero essere innanzitutto gli uomini e le donne, a loro volta in grado di rendere intelligenti i prodotti e i servizi che utilizzano. Se si lascia troppo spazio al dominio degli oggetti, innamorandosi di un determinismo tecnologico che nemmeno Marshall McLuhan, un futuro prossimo à la “Her” è tutt’altro che impossibile.


Intelligenti possono essere anche le città. Anzi, è proprio ciò su cui puntano gli Stati e gli organismi come l’Unione Europea. La sostenibilità – ambientale, economica, sociale – e la necessità di garantirla alle generazioni venture, sono le prime leve che stanno spingendo le grandi metropoli, non solo quelle dell’Occidente, a diventare finalmente intelligenti, ripensando il loro rapporto con l’ecosistema e con i cittadini.

10 mar 2014

Una pillola amara

È quella che hanno dovuto inghiottire Roche e Novartis, con la sentenza dell’Antitrust che ha imposto ai due colossi dell’industria farmaceutica una multa da oltre180 milioni di euro. La motivazione è presto detta: «un cartello che ha condizionato le vendite dei principali prodotti destinati alla cura della vista». 

A farne le spese l’economico Avastin, un farmaco usato per il trattamento della degenerazione maculare senile e di altre gravi malattie oculistiche, a favore del ben più costoso Lucentis. Ma soprattutto, i contribuenti italiani: l’accordo - tutto meno che tacito, stando alle telefonate tra i due amministratori delegati – ha infatti comportato dei costi aggiuntivi enormi per le casse dello Stato italiano: per l’esattezza, oltre 45 milioni di euro nel 2012, con un possibile impatto futuro di ulteriori 600 milioni all’anno. 

1 mar 2014

Breve guida al futuro dei Big Data

Big Data, questi sconosciuti.
Chiunque avrà probabilmente sentito pronunciare, almeno una volta, questo termine. Ma quanto ne sappiamo effettivamente?

Tecnicamente, Big Data indica qualsiasi raccolta di dati talmente grande e complessa da dover essere gestita con strumenti diversi da quelli tradizionali. Tuttavia, negli ultimi tempi l’attualità ha modificato la percezione pubblica di questa parola, affibbiandole spesso una connotazione negativa. 
Il motivo? Il collegamento tra la raccolta di informazioni e lo spionaggio. In realtà sono tanti i possibili utilizzi dei grandi archivi di dati, anche in ambito sociale. Potenzialità che potranno crescere grazie alla diffusione degli Open Data, che garantiscono l'accessibilità delle informazioni in possesso della pubblica amministrazione. Un tema che sconfina in quello dell’Open Government, cioè la partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni politiche attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.


Per saperne di più, ne parliamo con Davide Bennato, docente di Sociologia dei media digitali, autore dell'omonimo libro edito da Laterza.

23 feb 2014

Maledetto Ragnarök

22.02.2014. Bacheca Facebook invasa da condivisioni di link che parlano di Ragnarök: la leggenda norrena di una sanguinosa guerra tra le potenze della luce e quelle delle tenebre che avrebbe portato alla fine del mondo (come lo conosciamo noi). Sarebbe successo sabato, cioè ieri.

Fonte: popsci.com

All'inizio, attimi di terrore: la stessa paura irrazionale che prende quando, mentre stai guardando "The Ring" per la prima volta, squilla il telefono: numero sconosciuto - tu rispondi - dall'altro lato non c'è nessuno. 
Per quanto diversi pensiamo di essere dagli altri animali (con tutti quei discorsi sull'anima & bla bla), in fondo proviamo le stesse emozioni e sensazioni dei nostri parenti più stretti: gorilla, oranghi e scimpanzé. I nostri cervelli, nonostante milioni di anni di evoluzione, non ci hanno permesso di mettere completamente da parte il terrore atavico che provavano i nostri progenitori e che, quindi, saltuariamente proviamo tutt'oggi anche noi.

8 feb 2014

La Torre di Babele della comunicazione scientifica

Le recenti polemiche sul tema della ricerca scientifica in due diversi settori - quello delle cellule staminali e quello dei cosiddetti Organismi Geneticamente Modificati aka OGM - hanno, nonostante la banalizzazione, un piccolo vantaggio per la comunità scientifica: aver portato nuovamente alla ribalta argomenti molto importanti.

L'agenda settind dei media - sia Old che New - tende inevitabilmente a sottolinearne gli aspetti più scandalistici, lasciando in secondo piano i contenuti veri e propri. Con il danno collaterale di mettere in cattiva luce gli scienziati, ormai considerati una casta di tecnici persino peggiore di quella politica.

La genetica viene spesso associata - anche a causa dell'interventismo cattolico - a una manipolazione tecnocratica della vita, come se il lavoro di laboratorio fosse una pratica contraria al corso "naturale" delle cose. Prova ne è, ad esempio, la definizione di "Frankenfood", affibiata a qualsiasi elemento su cui l'uomo è intervenuto a livello di DNA.

Ma a quanti verrebbe in mente di chiamare il proprio cane frankendog? Eppure, il miglior amico dell'uomo è un caso esemplare di manipolazione del codice genetico da parte di Homo sapiens. Senza gli incroci selettivi operati dagli allevatori negli ultimi secoli, il comune lupo non avrebbe mai dato vita alle centinaia di razze di cui facciamo sfoggio in appartamenti e fiere.

http://visual.ly/evolution-dog
Credits: visual.ly

Lo sviluppo delle tecnologie ha permesso agli scienziati di profilare il genoma di un numero sempre crescente di specie animali, compresa quella umana. Da un lato, aprendo le porte a una molteplicità di applicazioni finora impensabile, capacedi migliorare la qualità della vita sotto diversi punti di vista, dall'altro rischiando di scatenare la reazione scandalizzata dell'opinione pubblica.

5 feb 2014

NSA e privacy: per "Le Scienze" è una nuova era

Nulla sarà mai più come prima

È con queste parole che inizia l'editoriale del numero di Febbraio 2014 di "Le Scienze" a firma di Marco Cattaneo.
Il direttore della versione italiana di "Scientific American" si riferisce alla pubblicazione da parte di Gleen Greenwald delle rivelazioni di Edward Snowden sui programmi di spionaggio della National Security Agency (NSA), l'agenzia per la sicurezza nazionale statunitense, e alla conseguenze rivoluzione culturale in tema di tutela della privacy.

Credit: mashable.com


3 feb 2014

Verso il PDA: archivi pubblici e dati scientifici

La buona scienza ha bisogno di risultati trasparenti e riproducibili, spesso disponibili grazie ai finanziamenti pubblici. Per questo motivo, un numero sempre crescente di editori, agenzie per la raccolta fondi e scienziati chiede che l'archiviazione di dati pubblici avvenga in database open-access (accessibili a tutti).
I benefici per la comunità scientifica del cosiddetto "Public Data Archiving" (PDA) sono acclarati, ma la decisione di mettere a disposizione i dati scientifici spetta ai singoli ricercatori, che sono per lo più restii alla condivisione pubblica del frutto del loro lavoro, soprattutto a causa dei costi individuali che esso comporta.

Ciò probabilmente spiega perché il PDA è ancora poco diffuso in discipline come la biologia evoluzionistica e l'ecologia, che comprendono set di dati difficilmente comprensibili a un comune mortale (e che quindi necessitano di una elaborazione da parte di terzi).

Dominique G. Roche, ricercatore dell'Australian National University di Canberra specializzato negli studi sulla barriera corallina, ha avanzato insieme ad altri colleghi quattro proposte per favorire la partecipazione agli archivi di dati pubblici. Dimostrando, fra l'altro, che attraverso tali azioni i benefici del PDA ne supererebbero di gran lunga i costi.


A suo parere, saranno sicuramente necessari un abbassamento dei costi e/o un aumento dei benefici per coloro che detengono le informazioni primarie. Quelli pubblicati su PLOS Biology sono, in fondo, piccoli e semplici cambiamenti, che potranno però migliorare gli strumenti per archiviare correttamente e mettere a disposizione del pubblico i dati scientifici.

28 gen 2014

"Noi" contro "loro": come si formano i gruppi

Gli esseri umani amano formare gruppi.
Dai fan club sportivi alle comunità nazionali, la civilizzazione è stata in larga misura caratterizzata dalla demarcazione di linee di confine tra un "noi" e un "loro". Un recente studio, effettuato con il supporto di modello realizzati al computer, suggerisce che la formazione dei gruppi è un processo più facile di quanto si pensasse.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, “Il Quarto Stato”, 1901


Per creare il modello, un team di scienziati guidato dagli psicologi Kurt Gray, della University of North Carolina, e David Rand, della Yale University, ha utilizzato dozzine di agenti virtuali identici, che interagivano fra loro come fossero persone reali.

All'inizio, tutti gli agenti erano equidistanti l'uno dall'altro, ma col tempo alcuni hanno iniziato a formare legami stretti mentre altri ad essere rivali (rapporti determinati facendo giocare a ogni incontro il cosiddetto "dilemma del prigioniero": quando due agenti cooperano, la loro vicinanza aumenta, quando non lo fanno diminuisce). Per permettere la formazione di gruppi, il modello consente agli agenti di fare "gossip" condividendo alleanze, interagendo quindi non soltanto con il proprio vicino ma anche con una terza parte in causa.

25 gen 2014

Gioia Tauro: armi, comunicazione e malattie

La vicenda dell'impegno italiano nella distruzione delle armi chimiche siriane nasconde diversi punti oscuri
Nonostante il tweet dell'Ambasciata USA a Roma, che plaudeva al ruolo svolto dell'Italia, non è ancora del tutto chiaro quali rischi per il nostro Paese comporterà tale ruolo.

L'Italia è uno dei principali donatori della missione Onu-Opac (l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), che ha preso il via lo scorso ottobre con l'obiettivo di smantellare l'arsenale di Assad. Le tre fasi dell'operazione, come annunciato dal Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, si concluderanno entro un anno dal suo inizio: per la precisione, il 30 giugno del 2014. 

Fonte: Internazionale.it