La vicenda dell'impegno italiano nella distruzione delle armi chimiche siriane nasconde diversi punti oscuri.
Nonostante il tweet dell'Ambasciata USA a Roma, che plaudeva al ruolo svolto dell'Italia, non è ancora del tutto chiaro quali rischi per il nostro Paese comporterà tale ruolo.
Armi chimiche #Siria, Ambasciatori di Danimarca,Norvegia, @UkinItalia e USA: Sforzo internazionale, bene ruolo Italia http://t.co/UlNhwur30B
— Ambasciata U.S.A. (@AmbasciataUSA) 24 Gennaio 2014
L'Italia è uno dei principali donatori della missione Onu-Opac (l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), che ha preso il via lo scorso ottobre con l'obiettivo di smantellare l'arsenale di Assad. Le tre fasi dell'operazione, come annunciato dal Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, si concluderanno entro un anno dal suo inizio: per la precisione, il 30 giugno del 2014.
Fonte: Internazionale.it |
Il rispetto degli impegni da parte del regime di Damasco è stato fondamentale, ma per portare a termine quello che si è subito preannunciato come un compito impegnativo per l'intera comunità internazionale, è necessaria la collaborazione di diversi Paesi. Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania metteranno a disposizione i siti per la distruzione, Danimarca e Norvegia le navi cargo per il trasporto del carico, mentre l'Italia si limiterà a fornire un porto per il trasbordo finale sulla statunitense Cape Ray.
I sessanta container provenienti da Latakia, dunque, sono stati sin dall'inizio destinati a toccare le coste del Bel Paese: l'unica incertezza riguardava la città cui sarebbe spettata la gestione del fardello. La scelta è infine ricaduta su Gioia Tauro, centro nevralgico - almeno fino a qualche anno fa - del commercio marittimo del Meridione.
Stando alle dichiarazioni ufficiali di Roma, le circa 560 tonnellate di materiale non transiteranno nemmeno sulle banchine calabresi, in quanto l'operazione avverrà "da nave a nave", in un periodo di tempo inferiore alle ventiquattro ore; per cui, afferma un comunicato stampa di Palazzo Chigi, la preoccupazione degli amministratori e delle popolazioni locali è «non rispondente alla realtà oggettiva dei fatti e parzialmente frutto di una non esaustiva comunicazione».
Fonte: ansa.it |
Fatto sta che i sindaci della piana di Gioia Tauro sono ormai sul piede di guerra: nonostante le rassicurazioni del premier Enrico Letta, il primo cittadino di San Ferdinando, Domenico Maffaderi, ha minacciato la chiusura del porto. Posizione nient'affatto condivisa dal governatore regionale Giuseppe Scopelliti, che considera la partecipazione della sua terra alla missione siriana un'opportunità da cogliere al volo per il rilancio economico dell'intera area. Evidentemente, l'esponente alfaniano ci metterà questa volta uno zelo maggiore rispetto a quello dimostrato nel caso di Longhi Bovetto, la discarica reggina sulla quale - lo afferma la condanna confermata in appello lo scorso 21 marzo 2013 - non avrebbe vigilato durante la sua carica di sindaco di Reggio Calabria.
Del resto, i dati parlano chiaro: negli ultimi due anni lo scalo calabrese ha trattato tremila container di materiale tossico classificato nella categoria 6.1, la stessa cui appartengono le armi siriane. Il rischio per l'ambiente e per le persone non sarebbe dunque maggiore rispetto a quello gestito quotidianamente nel porto.
Quella che è mancata, a quanto pare, è stata proprio la comunicazione tra governo centrale ed enti locali. Una falla che siamo ancora in tempo per tappare.
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