Gli esseri umani amano formare gruppi.
Dai fan club sportivi alle comunità nazionali, la civilizzazione è stata in larga misura caratterizzata dalla demarcazione di linee di confine tra un "noi" e un "loro". Un recente studio, effettuato con il supporto di modello realizzati al computer, suggerisce che la formazione dei gruppi è un processo più facile di quanto si pensasse.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, “Il Quarto Stato”, 1901 |
Per creare il modello, un team di scienziati guidato dagli psicologi Kurt Gray, della University of North Carolina, e David Rand, della Yale University, ha utilizzato dozzine di agenti virtuali identici, che interagivano fra loro come fossero persone reali.
All'inizio, tutti gli agenti erano equidistanti l'uno dall'altro, ma col tempo alcuni hanno iniziato a formare legami stretti mentre altri ad essere rivali (rapporti determinati facendo giocare a ogni incontro il cosiddetto "dilemma del prigioniero": quando due agenti cooperano, la loro vicinanza aumenta, quando non lo fanno diminuisce). Per permettere la formazione di gruppi, il modello consente agli agenti di fare "gossip" condividendo alleanze, interagendo quindi non soltanto con il proprio vicino ma anche con una terza parte in causa.
Secondo i risultati della ricerca, che verrà pubblicata nel prossimo numero di Psychological Science, emergono man mano gruppi formati da agenti che sono molto vicini fra loro e molto distanti dagli altri. Gli scienziati hanno anche scoperto che: 1) diversi livelli di reciprocità e transitività non influenzano particolarmente la numerosità dei gruppi; 2) con l'aumento della popolazione, si tendono a creare pochi gruppi molto grandi, piuttosto che una miriade di piccole aggregazioni. (L'esperimento può essere provato qui).
Quali sono le conseguenze? La maggior parte delle teorie sulla formazione dei gruppi sostiene che gli individui si associano in base a somiglianze pre-esistenti -- etnia, credenze religiose, squadra del cuore. Tuttavia, i gruppi potrebbero essere mantenuti e sviluppati da reazioni affettive ben più semplici, legate all'aiuto e alla competizione.
Questo lavoro rappresenta i comportamenti che avvengono nel mondo reale tra gruppi piuttosto omogenei: dai cacciatori-raccoglitori agli studenti di un MBA, fino ai monaci di un monastero. Le prospettive circa un mondo totalmente individualista, un melting pot privo di differenze, potrebbero essere poggiate su una base poco solida: la creazione di barriere tra un "noi" e un "loro" è evidentemente una tendenza naturale dell'uomo. È sufficiente una piccola ricompensa e un po' di gossip per cementificare alleanze e inimicizie.
L'aspetto positivo è che tale tendenza non è dettata da discriminazione. Si può ancora sperare in una società post-razziale.
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