Per oltre cinquant'anni giornalisti, politici, responsabili di musei e altre figure professionali hanno cercato di lavorare sul rapporto tra la ricerca scientifica e la sua audience, cercando di migliorare la “comprensione pubblica della scienza”. Una locuzione quanto mai inafferrabile: non c'è infatti un consenso diffuso né sugli obiettivi della comunicazione scientifica, né sulle caratteristiche di questa famigerata comprensione. Per tal motivo, molti esperti hanno indagato i diversi aspetti del tema, andando in cerca di una definizione utile anche dal punto di vista operativo.
Un primo paradigma di divulgazione scientifica, storicamente parlando, è quello sviluppatosi con il nome di «deficit model»: espressione che mette in evidenza come il pubblico venga considerato culturalmente inferiore all'élite degli addetti al settore, che si deve pertanto assumere il compito di riempire il vuoto lasciato dall'apprendimento tradizionale.
Si è quindi passati a schemi più complessi, che tenessero in considerazione sia il contesto in cui la comunicazione avviene, sia il patrimonio di conoscenze in possesso delle popolazioni locali oggetto
(si badi – non semplici destinatarie) del processo.
Ma come si traduce, nel nostro Paese, questo coinvolgimento diretto del grande pubblico? Gli ultimi
casi italiani non depongono bene: quello della
fecondazione eterologa è, nella sua attualità, paradigmatico. La famigerata legge 40 ("Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita"), approvata il 19 febbraio 2004 da un Parlamento a
maggioranza conservatrice, è stata praticamente smantellata, punto per punto, dalle sentenze della
Corte Costituzionale, un organismo che non rispecchia la volontà popolare.
Quel che è peggio è che nessuno sforzo è stato fatto dagli organi più alti dello Stato per ascoltare la voce dei diretti interessati, con la conseguenza che i mezzi di informazione hanno spettacolarizzato come di consueto l'argomento, sbattendo in prima pagina i casi più estremi. Ne è nato l'ennesimo equivoco bioetico – come li definisce Paolo Vineis.*
È naturale che su un argomento come quello della fecondazione eterologa (ovvero il ricorso a donatori di gameti esterni alla coppia nei casi di infertilità assoluta) ci siano posizioni diversificate, ma tutta la società dev'essere coinvolta. Quello che non è naturale è invece che su una questione così delicata provengano posizioni aprioristiche e divieti da parte di un Governo (nel caso specifico il Berlusconi II, il più longevo della storia della Repubblica Italiana).
La situazione in Europa prima della pronuncia della Corte Costituzionale |
Il termine "fascista" non riguarda i contenuti della Legge 40, ma le modalità con cui è stata emanata. È utile introdurre qui la distinzione, individuata da Giovanni Fornero**, tra due forme di laicità: una debole (o metodologica) e una forte (o sostanziale). La prima sta alla base dello stato liberale, e consiste nell'applicazione di alcune norme elementari: il rispetto delle idee altrui, il ricorso all'argomentazione e non all'autorità (tantomeno quella divina), la separazione tra i poteri fondamentali. Per la seconda si intende invece un insieme di valori propri del pensiero laico in campo bioetico.
Non entro nel merito di chi abbia ragione nelle controversie sulla procreazione medicalmente assistita, in cui si scontrano una concezione cattolica di sacralità della vita e una concezione laica forte di disponibilità della vita (a certe condizioni). Mi pare però evidente che nel caso della Legge 40 non si sono rispettate le procedure proprie di uno stato liberale ispirato alla laicità debole. Fra l'altro, la Camera dei Deputati approvò la norma il 10 febbraio 2004 con 277 voti favorevoli, 222 contrari e 3 astenuti, cioè senza nemmeno un ampio accordo tra le diverse forze politiche.
Le questioni in gioco sono nuove nella storia dell'umanità, ma sono destinate a diventare molto comuni. Facciamo molta attenzione a come le affrontiamo.
* Paolo Vineis, Equivoci bioetici. Torino: Codice Edizioni (2008).Non entro nel merito di chi abbia ragione nelle controversie sulla procreazione medicalmente assistita, in cui si scontrano una concezione cattolica di sacralità della vita e una concezione laica forte di disponibilità della vita (a certe condizioni). Mi pare però evidente che nel caso della Legge 40 non si sono rispettate le procedure proprie di uno stato liberale ispirato alla laicità debole. Fra l'altro, la Camera dei Deputati approvò la norma il 10 febbraio 2004 con 277 voti favorevoli, 222 contrari e 3 astenuti, cioè senza nemmeno un ampio accordo tra le diverse forze politiche.
Le questioni in gioco sono nuove nella storia dell'umanità, ma sono destinate a diventare molto comuni. Facciamo molta attenzione a come le affrontiamo.
** Giovanni Fornero, Laicità debole e laicità forte. Il contributo della bioetica al dibattito sulla laicità. Milano: Mondadori (2008).
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