Viene definito nanismo insulare quel processo di riduzione delle dimensioni cui vanno incontro grossi animali, il cui pool genetico si restringe a causa di un insieme di fattori: i continui e prolungati incroci fra individui strettamente imparentati (si parla, in casi del genere, di inincrocio); la limitatezza delle risorse; la ristrettezza degli spazi vitali. Si tratta di un fenomeno i cui meccanismi sono tuttora oggetto di contestazione. Paradigma di tale disputa è il celeberrimo Homo floresiensis, romanticamente ribattezzato, dai suoi stessi scopritori, lo «hobbit».
Il Professor Mike Morwood con un cranio di Homo floresiensis |
In particolare:
- bassa statura (poco più di un metro);
- scarsa capacità cranica (380 cm3);
- struttura ossea più simile a quella dello scimpanzé che dell'uomo moderno.
Il reperto principale è costituito da un cranio forse appartenuto a una donna vissuta circa 18.000 anni fa (l'altro ieri, in termini evoluzionistici). Le peculiarità dei resti (rinvenuti nel 2003 in una caverna della località Liang Bua, sull'isola indonesiana di Flores) hanno acceso una vera e propria disputa sulla vera natura di questo membro del cespuglio evolutivo - questo è certo - di cui facciamo parte anche noi. Le tesi in campo sono molteplici, alcune delle quali batterebbero in stramberia un'eventuale opzione di stampo tolkeniano.
C'è chi ha suggerito potesse trattarsi di un discendente nano dell'Homo erectus; chi (Teuku Jacob, influente paleoantropologo indonesiano) sostiene l'idea di un individuo della nostra stessa specie malato di macrocefalia; chi, infine, dopo attenti confronti antropometrici, ha rifiutato apertamente questa teoria.
Gli hobbit protagonisti del romanzo di J.R.R. Tolkien |
I risultati di questi studi hanno portato al riconoscimento delle capacità intellettive di Ebu (un ulteriore nomignolo dell'esemplare di Florens, derivato dal nome di una creatura del folklore locale, descritta come un uomo-scimmia di bassa statura): il lobo frontale ben sviluppato e il materiale litico associato ad altri suoi resti dovrebbero far ricredere quanti si erano affrettati a catalogarlo come un'anomalia lungo il cammino verso l'Uomo moderno. Soprattutto in quanto, di un simile cammino verso la perfezione, non c'è alcuna prova scientifica.
Qualunque sia la vera identità dell'hobbit, abbiamo comunque una certezza: chi è costretto a guardarci dal basso in alto non ci è inferiore anche cognitivamente.
Nessun commento :
Posta un commento