12 dic 2011

Perché inventiamo i mostri

Il "were-jaguar", entità sovrannaturale appartenente alla mitologia della civiltà messicana Olmec (fonte: www.wbjohnston.com)
Il paesaggio del mito è pieno zeppo di mostri. Nella mitologia hawaiana, esiste un uomo con una bocca da squalo in mezzo alla schiena. In quella aborigena, c'è una creatura con il corpo umano, la testa di un serpente, e le ventose di un polpo. In Sud America, c'è il “were-jaguar”; fra i nativi americani, ci sono teste volanti, aquile mangia-uomini, uomini-gufo predatori, cannibali acquatici, serpenti cornuti, tartarughe giganti, pipistrelli mostruosi, e persino una sanguisuga antropofaga grande quanto una casa. Nella mitologia greca si trovano: Polifemo, il gigante cannibale con un occhio solo; il Minotauro, un mostruoso ibrido tra toro e uomo che divora vittime sacrificali nei meandri del Labirinto sotterraneo; e Scilla, un serpente esacranio circondato da una cintura di teste canine affamate di carne.

A prescindere dalle loro dimensioni, caratteristiche e forme, i mostri hanno un tratto comune: mangiano uomini. Qualsiasi altra cosa possano rappresentare psicologicamente per noi, i mostri esprimono - e spremono fuori - il nostro terrore di essere smembrati, sbudellati, masticati, inghiottiti, e infine defecati. Questo destino deplorevole di coloro che vengono mangiati, si incontra in una leggenda africana in cui un enorme uccello predatore ingoia un eroe giorno dopo giorno e quindi lo espelle. All'interno dei miti, gli uomini affrontano il triste fatto di essere divorati da una creatura più grossa, raffigurando ossessivamente nei dettagli grafici ciò che tanto i mostri quanto gli animali carnivori fanno per natura – trasformare gli esseri umani in escrementi.


Ulisse e Polifemo, in una scena del film Ulisse (1954)

Ogni giorno, nel corso di diversi milioni di anni, i nostri antenati hanno visto (e sentito) creature viventi essere straziate e divorate da animali affamati – con alcune vittime che ancora scalciavano mentre venivano squartate e sbudellate. Per forza che il nostro cervello è cablato per farci temere questa terribile fine, e che le storie che ci raccontiamo riflettono questa paura tentando di esprimerla – e di tirarla fuori.

L'archetipo del mostro è un'espressione di questo terrore chiaramente atavico, amplificata e intensificata in maniera stravagante. Ma perché essa prende la forma di un “mostro”, cioè una creatura predatrice che unisce in modo grottesco caratteristiche fisiche animali, o umane e animali? In che modo la nostra esperienza di specie predata contribuisce alla formazione del mostro della mitologia? 

Brano tratto da: Paul A. Trout, Deadly Powers: Animal Predators and the Mythic ImaginationPrometheus Books: 2011. 

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