19 giu 2013

George Orwell e i Big Data

L'Oxford English Dictionary (OED), nel suo ultimo aggiornamento, ha introdotto 1'200 tra nuove parole e revisioni di parole già presenti, tutte nel campo della tecnologia.

Una delle novità più interessanti è "Big Data". Ecco come appare la voce.

Una locuzione molto letta sui giornali negli ultimi tempi, si riferisce a grandi quantità di dati, tanto da essere solitamente difficili da gestire e manipolare a scopo statistico con gli strumenti tradizionali.
Il problema? I Big Data vengono ormai associati a un concetto che sembrava ormai superato: lo stato di polizia.

Sull'onda dello "scandalo intercettazioni" esploso negli Stati Uniti (ribattezzato presto Datagate), la gestione di grandi numeri, di natura per lo più pubblica, è vista come una lesione dei diritti e delle libertà civili dei cittadini. In particolare, quello che l'ex assistente tecnico della CIA Edward Snowden ha riferito al Guardian in merito al governo statunitense - "l'intenzione di conoscere e controllare ogni conversazione  e ogni forma di comportamento al mondo" - viene esteso automaticamente ai Big Data in quanto tali. Dimenticando, naturalmente, che i dati sono uno strumento. Per di più, quando sono "open", a disposizione di tutti.

I Big Data hanno cambiato il modo di elaborare le informazioni: di un certo fenomeno, adesso sappiamo molte più cose. Soprattutto, sappiamo molte più cose sul cosa piuttosto che sul perché.
Anche il nostro modo di vedere il mondo è cambiato: le webgraphics sono diventate realtà. Rispetto alle infografiche tradizionali, queste ultime favoriscono una maggiore interazione con l'utente, il quale può conoscerne gli elementi (inter)attivi e utilizzarli per approfondire gli argomenti trattati dall'immagine. Il vantaggio forse principale delle webgraphics è poi la possibilità di utilizzare codice e linguaggi di programmazione, e di conseguenza collegamenti ipertestuali (link). 

Senza i dati, però, le webgrafiche sarebbero impensabili.

Fonte: www.good.is
Come mostra l'OED, anche il linguaggio  è stato modificato dall'arrivo dei Big Data: analytics, database, report, software, trend, sono tutti termini che esistevano già, ma che adesso sono entrati a pieno titolo nel gergo quotidiano di chi non lavora nel settore.
E non si tratta affatto di una neolingua à la George Orwell. Nel caso di 1984, il nuovo mezzo espressivo sostituiva la vecchia visione del mondo rendendo impossible forme di pensiero eretiche; nel caso dei Big Data, si tratta invece di un ampliamento delle forme comunicative classiche, per rendere comprensibile a tutti un settore finora appannaggio di una nicchia di eletti.

Il successo dei social network ha favorito questo processo: gli insight di piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram sono una versione ridotta e accessibile a tutti delle grandi masse di informazioni che tool più complessi gestiscono ogni giorno. Aziende e istituzioni non possono che beneficiare di questa apertura: grazie alla data visualization, le tendenze del proprio business sono facilmente identificabili e leggibili da parte del management (dirigente privato o amministratore pubblico che sia), con un indubbio vantaggio per l'analisi previsionale.


L'ultima frontiera sembra quella dei People Analytics: usare i dati per scoprire i comportamenti sul luogo di lavoro che rendono le persone creative, efficaci, felici. Dati provenienti da una grande varietà di fonti (email, modalità di navigazione del web, instant messaging) e che, se uniti a quelli relativi al mondo reale, possono fornire indicazioni per migliorare l'ambiente professionale.
Naturalmente, c'è una questione aperta relativa alla privacy. Ma esiste un approccio giusto, che può essere esteso a tutto il mondo dei Big Data: raccogliere informazioni in maniera anonima. Lo ha fatto, ad esempio, Bank of America, analizzando i flussi del proprio call center per migliorare le performance dei dipendenti senza peggiorare la qualità della loro vita. 

Per mantenere la promessa della "società dell'informazione", non serve scomodare George Orwell. I grandi dati non servono a conoscere l'individuo per cancellarne l'identità, ma a conoscere la società per cancellarne i difetti.

Poster di 1984, film diretto dal Michael Radford basato sul romanzi di Orwell



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