Essere giornalisti non vuol dire soltanto scrivere. Per fare informazione, non è più sufficiente avere un bello stile: oltre alle conoscenze letterarie, servono anche quelle tecniche. Ciò non significa necessariamente essere esperti di una "disciplina", anzi spesso è più utile il contrario: abbracciare diversi settori culturali, appartenenti tanto all'umanesimo quanto alle scienze. L'uso dei numeri, poi, facilita di molto il lavoro del reporter, da un lato fornendo solide basi per i suoi reportage, dall'altro permettendogli di illustrare in modo più accattivante i suoi risultati.
Tutto questo è "Data Journalism".
Un approccio all'informazione che, attraverso l'uso di database, mappe digitali e software di analisi, racconta una notizia o un fenomeno con un output visivo, spesso fondendo i diversi elementi a disposizione dell'autore.
Legge n. 241 del 1990 in Italia. Il portale www.dati.gov.it ha recentemente pubblicato un rapporto sullo status degli Open Data nel nostro Paese: accompagnato da cinque infografiche, ri rivela particolarmente utile anche perché aggiornato constantemente.
Tuttavia, non è tanto una questione di legislazione, quanto di cultura: bisogna imparare, anche nel nostro Paese, che una semplice infografica può essere più potente di mille articoli.
È ciò che ha provato a trasmettere Alberto Cairo durante l'appuntamento di Exhibitionist dal titolo "Infografica: l'arte di visualizzare informazioni. Questo information designer di origini italiane ha recentemente pubblicato un libro (omonimo del suo sito web) in cui illustra i principi fondamentali che, a suo parere, dovrebbero ispirare il lavoro di chi opera in questo settore. Principi semplici, ma proprio per questo diretti e utili.
Le applicazioni che si possono vedere sui quotidiani sono frutto della collaborazione con agenzie demoscopiche, che hanno però la tendenza a sopravvalutare l'aspetto numerico a discapito di quello visivo: è il caso di Il Corriere della Sera/Renato Manheimer e di la Repubblica/Ilvo Diamanti.
Quello che manca è l'approccio grafico al giornalismo: ossia, una figura che integri i due rami.
La creazione, attraverso appositi percorsi educativi, di simili figure avrebbe un altro vantaggio: il superamento della contrapposizione, in Italia mai superata, tra cultura umanistica e cultura scientifica. Il confronto aperto e serrato tra gli esponenti di diverse attività intellettuali concorrerebbe alla definizione di una nuova sintesi, costituita dalla Terza Cultura.
Nel 1959 il fisico e novellista inglese Charles P. Snow scrisse un famoso libro dal titolo "Le due culture", nel quale parlava della divisione fra scienziati e umanisti e prediceva l'emergere di una nuova cultura, in cui i letterati avrebbero fatta propria la scienza per poi comunicarla al pubblico. È avvenuto, piuttosto, il contrario: diversi scienziati hanno cominciato a preferire la pubblicazione di libri alla redazione di articoli per riviste specializzate. La scienza è così diventata più interdisciplinare e "popolare", incidendo anche su alcune scelte importanti per l'intera società. Nel 1991 John Brockman - agente letterario, impresario culturale e scrittore - ha chiuso il cerchio definendo in maniera più chiara la terza cultura e formalizzandola in Edge, una fondazione che riunisce menti eccelse con lo scopo di promuovere la discussione su importanti temi culturali.
Non è tuttavia necessario essere dei filosofi à la Daniel Dennett per contribuire al connubio tra lettere e scienza: può "bastare" essere un (ottimo) information designer.
Tutto questo è "Data Journalism".
Un approccio all'informazione che, attraverso l'uso di database, mappe digitali e software di analisi, racconta una notizia o un fenomeno con un output visivo, spesso fondendo i diversi elementi a disposizione dell'autore.
Legge n. 241 del 1990 in Italia. Il portale www.dati.gov.it ha recentemente pubblicato un rapporto sullo status degli Open Data nel nostro Paese: accompagnato da cinque infografiche, ri rivela particolarmente utile anche perché aggiornato constantemente.
Tuttavia, non è tanto una questione di legislazione, quanto di cultura: bisogna imparare, anche nel nostro Paese, che una semplice infografica può essere più potente di mille articoli.
È ciò che ha provato a trasmettere Alberto Cairo durante l'appuntamento di Exhibitionist dal titolo "Infografica: l'arte di visualizzare informazioni. Questo information designer di origini italiane ha recentemente pubblicato un libro (omonimo del suo sito web) in cui illustra i principi fondamentali che, a suo parere, dovrebbero ispirare il lavoro di chi opera in questo settore. Principi semplici, ma proprio per questo diretti e utili.
Le applicazioni che si possono vedere sui quotidiani sono frutto della collaborazione con agenzie demoscopiche, che hanno però la tendenza a sopravvalutare l'aspetto numerico a discapito di quello visivo: è il caso di Il Corriere della Sera/Renato Manheimer e di la Repubblica/Ilvo Diamanti.
Quello che manca è l'approccio grafico al giornalismo: ossia, una figura che integri i due rami.
La creazione, attraverso appositi percorsi educativi, di simili figure avrebbe un altro vantaggio: il superamento della contrapposizione, in Italia mai superata, tra cultura umanistica e cultura scientifica. Il confronto aperto e serrato tra gli esponenti di diverse attività intellettuali concorrerebbe alla definizione di una nuova sintesi, costituita dalla Terza Cultura.
Uno dei lavori di Alberto Cairo |
Non è tuttavia necessario essere dei filosofi à la Daniel Dennett per contribuire al connubio tra lettere e scienza: può "bastare" essere un (ottimo) information designer.
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