Dopo tante indiscrezioni, alla fine è successo davvero: Facebook ha introdotto l'uso dell'hashtag.
Utilizzato principalmente su Twitter, questo segno - per quanto semplice - avrà probabilmente un grande impatto sugli introiti del social network di Mark Zuckerberg. Quella che finora appariva come una fastidiosa nonché inutile aggiunta, spesso dovuta alla condivisione automatica di contenuti pubblicati sulle altre piattaforme sociali, sarà presto la normalità.
Ma da dove viene il cancelletto?
[Chi è interessato all'attualità può saltare i prossimi due paragrafi]
Negli U.S.A., il simbolo # (chiamato number sign e definito in Unicode come U+0023), ha diversi utilizzi.
- Come definizione di un numero ("#1" sta per "numero uno").
In questa accezione, secondo una teoria venne impiegato per la prima volta dalla Teletype Corporation, a inizio Novecento.
- Come unità di peso (in questo caso è conosciuto come pound sign).
Storicamente, veniva usata l'abbreviazione lb., che nel corso del tempo si tramutò in un font attraversato da una linea (in modo che la "l" non venisse confusa con il numero "1"). Qualcosa del genere, insomma: ℔. Infine, venne ridotto per chiarezza a una sovrapposizione tra due righe orizzontali e due trasversali.
Nel Regno Unito, invece, l'# è chiamato hash. Non viene mai usato per denotare peso e non viene mai chiamato pound sign, con cui ci si riferisce piuttosto al simbolo "£". Ad aggiungere ulteriore confusione tra i due segni, c'è il fatto che nella variante britannica del set di caratteri ISO/IEC, 0x23 rappresenta "£", mentre nella variante statunitense rappresenta "#".
Fatto sta che la prima comparsa on line del famigerato cancelletto avvenne, per monitorare argomenti e gruppi, su Internet Relay Chat.
Il passaggio alla creatura di Jack Dorsey fu contrassegnato da un messaggio di Chris Messina, che il 23/08/2007 alle 12:25 pm scrisse:
Da allora, il simbolo ha preso sempre più piede all'interno dei cinguettii, seppur in maniera graduale: l'1 luglio 2009 viene introdotto il collegamento ipertestuale sugli hashtag, per poter visualizzare tutti i messaggi recenti che li contengono; nel 2010 nascono i "Trending Topic", cioè l'elenco degli hashtag più utilizzati; dal 2012, infine, sono attivi i TT localizzati, per personalizzare geograficamente le parole-chiave più popolari.
Non è solo un accorgimento tecnico: l'uso degli hashtag permette un approccio alla piattaforma tipico dei Cultural Studies.
Adesso che anche Facebook ha deciso di adottarlo, cosa cambierà?
Tre gli scenari possibili:
Tre gli scenari possibili:
1: i bimbiminchia conquisteranno il potere, portando a compimento su Internet l'"egemonia culturale" teorizzata da Antonio Gramsci;
2: gli utenti che non hanno mai utilizzato Twitter penseranno che la loro timeline si sia trasformata in uno spartito musicale, e con le loro proteste obbligheranno alla cancellazione dell'hashtag;
3: Zuckerberg & co. incrementeranno ulteriormente gli introiti, grazie a campagne pubblicitarie legate a specifici argomenti.
Una cosa è certa: i Social Media Analyst non ne saranno comunque felici.
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