Può sembrare una dichiarazione shock, ma non è affatto così.
Nessun animale si è mai evoluto in un altro animale, sparendo dalla faccia della Terra. Piuttosto, nel corso di milioni di anni, all'interno dei generi si sono sviluppate alcune varianti di una stessa specie, che si sono adattate in maniera diversa all'ambiente, alcune sopravvivendo altre estinguendosi.
Ecco perché non c'è da stupirsi se, come avvenuto recentemente, un team di scienziati guidato da Maureen O'Leary della Stony Brook University di New York e da Jonathan Bloch del Florida Museum of Natural History individua il progenitore di tutti i mammiferi placentati (la sottoclasse di cui fa parte anche l'essere umano) in un piccolo insettivoro simile a Ukhaatherium nessovi.
Fonte: www.sciencemag.org |
La scoperta ha una portata rivoluzionaria, ecco perché: i reperti fossili a nostra disposizione hanno a lungo suggerito che, benché esistessero prima dell'estinzione dei dinosauri, queste piccole creature pelose non si fossero veramente diversificate né aumentate di dimensioni fino alla morte dei grandi rettili e alla conseguente disponibilità di molte nicchie ecologiche prima piene. Questa ipotesi era corroborata dalle analisi genetiche, che indicavano come i placentati esistessero già 100 milioni di anni fa (il presunto asteroide sarebbe caduto circa 65 milioni di anni fa).
I risultati dello studio, riportati sulla rivista Science, dimostrano invece che il progenitore di tutti i Terii si evolvette meno di 400.000 anni dopo la scomparsa dei dinosauri. Questa creatura ipotetica, le cui caratteristiche sono state desunte dai resti di molte specie divise equamente tra estinte e viventi*, abitava probabilmente sugli alberi, si cibava di insetti e pesava tra i 6 e i 245 grammi: una via di mezzo tra un piccolo toporagno e un ratto.
Dotata di una lunga coda, aveva un cervello sviluppato con un grande corpo calloso e partoriva un singolo cucciolo alla volta.
Secondo i due autori della ricerca, questa scoperta ci fornisce una nuova prospettiva sul modo in cui i grandi cambiamenti possono infleunzare la storia della vita. La fine delle "lucertole terribili", ad esempio, diede il via a un big bang nello sviluppo dei mammiferi: i 10 principali gruppi oggi esistenti fecero la loro comparsa nel giro dei 200 mila anni successivi.
Le novità non riguardano solo il merito: il metodo utilizzato viene addirittura paragonato a quello investigativo. Così come in una scena del crimine, i nuovi strumenti genetici aiutano parecchio, ma lo fanno anche altri indizi fisici come un corpo - nel caso della paleontologia, fossile - e la sua anatomia. La combinazione di tutte le prove permette una ricostruzione accurata del passato.
L'albero genealogico dei mammiferi, come appariva finora. Fonte: whyevolutionistrue.wordpress.com |
E le sorprese potrebbero non finire qui: nel ricostruire l'albero genealogico dei Mammalia, O'Leary e Bloch non hanno tenuto in considerazione l'orologio molecolare, che si ricava dai ritmi di mutazione per determinare quando i vari rami si sono distaccati dal tronco centrale. I metodi statistici, che aiutano i ricercatori a stabilire la lunghezza di queste ramificazioni, diranno sicuramente di più sull'evoluzione dei mammiferi (e quindi degli uomini).
*Il database utilizzato includeva oltre 4.500 caratteristiche di 86 specie animali, scelte tra tutti i rappresentanti dei maggiori gruppi di riferimento; il lavoro ha inoltre confrontato 27 differenti geni in comune tra tutti i mammiferi placentati. Per quelle scomparse, il team ha potuto includere nell'analisi soltanto informazioni relative ai tratti dentali e scheletrici.
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