13 ott 2012

Un grande CNR per un piccolo paese

Le polemiche divampate negli ultimi giorni sulla presunta - ennesima - riforma apportata dal presunto - ennesimo - Governo nel settore della ricerca italiana, sono un indizio evidente della delicatezza di questo tema.

Nel Paese che, attraverso Galileo Galilei, ha dato i natali alla scienza moderna, è deprimente vedere a quale basso livello qualitativo sia giunto il dibattito su scienza & co. Non per il metodo, ma per il merito: è inaccettabile che nel corso di ogni legislatura sia necessario discutere di almeno una modifica all'assetto delle istituzioni che si occupano di istruzione, università e ricerca.

Quello che si vuole combattere è il fenomeno del brain drain (ossia "fuga dei cervelli"), che in Italia registra tassi di emigrazione degni di una nazione in via di sviluppo: sono circa 50 mila gli italiani che lasciano ogni anno il Bel Paese per trasferirsi all'estero. Di questi, una buona percentuale - il 16% nel 2009, contro il 9,7% del 2000 - è composta da laureati, portatori di valore economico potenziale, che fuggendo portano con sè nelle aree d'accoglienza.

Fonte: oggiscienza.wordpress.com

Parlando di denaro, che spesso viene considerato agli antipodi rispetto allo studio e alla ricerca (l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti ebbe il coraggio di dire che «la cultura non si mangia»), questo flusso migratorio rappresenta un dramma per le casse italiane. Secondo l'Istituto per la Competitività (I-Com), ogni dodici mesi ammonta a un miliardo di euro la cifra persa dal nostro Paese a causa del disinteresse dell'intero sistema nei confronti dei nostri migliori scienziati.

A conferma di ciò, c'è un dato che appesantisce ulteriormente la situazione: oltre un terzo dei cinquecento migliori scienziati italiani lavora all'estero. Qualche caso:
- Carlo Croce, oncologo noto per gli studi sui meccanismi genetici implicati nella patogenesi del cancro umano, e in particolare per il ruolo dei cosiddetti microRNA, è membro della National Academy of Sciences e direttore dell'Instituto di Genetica presso la Ohio State University.
- Angela Barbaro-Galtieri, che ha ricevuto a giugno 2011 l'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, secondo migliore scienziato di sesso femminile nella classifica internazionale in quanto a h-index (che misura la produttività e l'impatto delle pubblicazioni), vive anch'essa negli USA.
- Michele Parrinello, un fisico messinese conosciuto per il suo lavoro in dinamica molecolare (celebre il metodo Car-Parrinello, sviluppato nel 1985), dopo aver lavorato alla SISSA di Trieste, al laboratorio di ricerca IBM di Zurigo e al Max Planck Institute di Stoccarda, è infine rimasto in Svizzera.



La domanda importante, però, è: riuscirà la riforma voluta dal gabinetto Monti a risolvere questo problema? [C'è da dire che si parla ancora di indiscrezioni]
L'unificazione dei 12 più importanti enti di ricerca in un super CNR (composto da un presidente, un CdA di quattro membri e un collegio dei revisori), pianificata soprattutto per tagliare i fondi alla ricerca (ufficialmente definiti "costi della ricerca"), potrà imprimere quella svolta capace di riportarci allo stesso livello dei grandi stati europei?

Quelle che contano non sono le dimensioni: è vero che, accorpando diverse voci di spesa in un unico organismo, si evitano delle uscite di natura amministrativa e burocratica, ma per ribaltare in positivo questi sacrifici è indispensabile una cultura istituzionale che, al momento, non c'è.
Il Paese è piccolo, la scienza non mormora abbastanza.

Forse l'intenzione è delle migliori; in quanto alla realizzazione, potrebbe anche rivelarsi la meno-peggiore. Ma il pericolo è che, dopo la prossima tornata elettorale, tutto venga nuovamente sparigliato; e che la prossima riforma, in nome dell'austerity o di un qualsiasi altro termine di origine anglosassione, sconquassi definitivamente il già precario equilibrio della ricerca in Italia.

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