12 set 2012

Il nostro amato cugino Denisoviano

Homo di Denisova, chi era costui (o meglio, costei)?

Nel marzo del 2010, un team di scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, guidati Svante Pääbo, annunciò di aver identificato una nuova linea evolutiva ominide, dopo aver sequenziato il DNA mitocondriale (ereditato solo per via materna) di alcuni frammenti ossei ritrovato sui Monti Altai in Siberia. Si trattava, per l'esattezza, della falange di un dito mignolo e di due molari appartenuti a un giovane adulto - probabilmente una femmina, che venne poi chiamata "donna X" - che sarebbe morto circa 40'000 anni fa nei pressi delle grotte di Denisova.

Una scoperta che sollevò molti quesiti sulle origini della nostra specie, e che continua a sollevarne.

Uno dei due fossili esistenti dell'Homo di Denisova (fonte: www.nationalgeographic.it)

La recente decodifica completa del genoma di questo esemplare fa entrare, sulla già affollata scena dell'albero della vita della specie umana, un ulteriore protagonista. Il denisoviano si aggiungerebbe infatti al sapiens, al neanderthalensis e al floresiensis, come quarto gruppo umano ad aver abitato il pianeta Terra contemporaneamente agli altri tre.

Ma il punto più caldo dell'intera vicenda è la conferma - avvenuta appunto per via genetica, attraverso un nuovo metodo che permette di separare la doppia elica di DNA in modo da sequenziarne i singoli filamenti - dell'ibridazione fra diverse sotto-specie di Homo, avvenuta ben più frequentemente di quanto si pensasse.
[La terminologia utilizzata in questi casi è sia molto importante sia molto delicata. Abbiamo qui optato per il termine "sotto-specie" appunto per le ormai evidenti prove a sostegno del fatto che H. sapiens si sia incrociato con i Neandertal e con i denisoviani. Se umani moderni, Neanderthal e denisoviani fossero state specie diverse, i loro ibridi non avrebbero potuto riprodursi a loro volta, cosa che invece, stando ai dati, sembra essere avvenuta.]

I risultati dello studio tedesco hanno confermato le conclusioni di quelli precedenti: le attuali popolazioni della Papua Nuova Guinea e della Melanesia possiedono dal 4 al 6 per cento di DNA denisoviano, e le popolazioni del sudest asiatico ne possiedono almeno l’uno per cento. Ciò significa, secondo gli autori della ricerca, che popolazioni di denisoviani abbiano inizialmente occupato gran parte dell'Eurasia orientale, e che abbiano poi incontrato gli antenati degli attuali melanesiani abbiano in Asia sudorientale, incrociandosi con loro e spostandosi successivamente in Papua Nuova Guinea.

Rappresentazione di Josie Jammet della "donna X" per The Guardian 

Come sostenuto autorevolmente da Telmo Pievani, è quindi arrivato il momento di dire addio alla vecchia visione della specie umana, secondo cui noi rappresentiamo l'inevitabile traguardo a cui tutta la storia della vita sulla Terra ha sempre teso. L'epistemologo dell'Università di Milano-Bicocca afferma che la comparsa degli organismi viventi - tra cui noi - è stata un fenomeno inatteso (da qui il titolo del suo ultimo libro, La vita inaspettata), frutto di un intrico di biforcazioni privo di direzioni privilegiate; di conseguenza, l'animale uomo si rivela tutt'altro che un'eccezione animata dalla scintilla divina.

A farne le spese sono stati innanzitutto i nostri parenti più prossimi: secondo uno studio pubblicato nel dicembre 2011 su Human Ecology, l'estinzione dei Neanderthal sarebbe stata causata proprio dall'incrocio con l'uomo moderno (processo chiamato «Extinction by Hybridization»).
E se anche alla giovane "donna X" fosse successa la stessa cosa?

Per un approfondimento sulle conseguenze demografiche dei risultati sul DNA dell'Homo di Denisova, si veda questo interessante post di John Hawks.

Nessun commento :

Posta un commento